La guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti ex art. 187 c.d.s.

Le seguenti considerazioni valgono per l'ipotesi in cui a seguito di incidente stradale si venga trasportati in ospedale e successivamente venga contestata la violazione dell'art. 187 C.d.s. per aver guidato un veicolo sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Una prima riflessione riguarda il fatto che le tracce di stupefacenti possono restare nei liquidi biologici (sangue ma soprattutto urine) per molti giorni dopo l'assunzione. La Corte di Cassazione ha statuito che unitamente all'accertamento biologico deve esserci necessariamente anche una valutazione sintomatica della persona atta a stabilire che in quel momento fosse ancora in atto l'effetto drogante dello stupefacente. Quindi, unitamente agli esami di laboratorio che appurino la presenza di droga nell'organismo, per poter validamente contestare il reato de quo è imprescindibile che gli agenti verbalizzanti o i medici dell'ospedale abbiano descritto i sintomi (euforia, sonnolenza, eccessiva loquacità, pupille dilatate ecc.) ricollegabili alla precedente assunzione di sostanze stupefacenti.

Di certo non si può evincere un'alterazione dovuta agli stupefacenti dal fatto che l'indagato abbia provocato un incidente stradale e ciò perché il sinistro potrebbe esser causato da una mera disattenzione dovuta alla stanchezza. In un caso del tutto simile a quello in oggetto, correttamente la Corte di Cassazione nella Sentenza n. 3623/2016 ha escluso il reato poiché l'aver causato un sinistro stradale “non è univocamente segno di alterazione psicofisica derivante dall'assunzione di stupefacenti”. Del resto l'art. 187 C.d.s. sanziona “Chiunque guida in stato di alterazione psicofisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti” in ciò richiedendo espressamente che vi sia uno stato di alterazione dovuto all'attualità degli effetti droganti della sostanza assunta. Con la conseguenza che il conducente di un veicolo possa aver in corpo la sostanza senza perciò stesso essere alterato (perché essa ha cessato i propri effetti).


Si veda, infine, e nel medesimo senso la Circolare del Ministero dell'Interno del 16/03/2012:

“Con le modifiche apportate all'articolo 187 del C.d.S. dalla legge n. 120/2010, si era ritenuto che sarebbe venuta meno la necessità di una visita medica volta a stabilire lo stato di alterazione psicofisica, che costituisce un fattore di notevole difficoltà operativa, sia per gli operatori di polizia che per gli operatori sanitari. In altri termini, si era pensato che il reato potesse essere provato solo sulla base dei positivi riscontri analitici (con appositi strumenti o di laboratorio) su campioni di liquidi biologici prelevati sul conducente. In realtà le modifiche apportate dalla legge n. 120/2010 non appaiono essere quelle auspicate. Nel riscrivere la norma non è stato difatti modificatoil titolo e il comma 1 dell'articolo 187 C.d.S., nella parte in cui si prevede che è punito "chiunque guida in stato di alterazione psicofisica". Uno stato di alterazione che oggi può essere provato solo sulla base di una valutazione clinica”. (Metodologia medica basata sull'esame diretto del paziente)

Anche detta circolare, quindi, conferma – quando ve ne fosse ancora bisogno, la necessità per provare la responsabilità penale, di una visita medica ad hoc che attesti che la droga stia svolgendo i suoi effetti mentre l'indagato è al cospetto dei sanitari. Ulteriore considerazione riguarda il motivo per cui i medici dell'ospedale abbiano inteso sottoporre a prelievo di sangue edurine il paziente. Infatti, se il prelievo è avvenuto per ragioni sanitarie l'accertamento di carattere penale sarà valido, ma se è stato effettuato perché richiesto dagli Agenti per ragioni meramente di polizia giudiziaria riveste il ruolo di accertamento urgente ex art. 354 e ss. c.p.p. il quale prevede il necessario avviso alla persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere da un difensore ex art. 114 Disp. att. c.p.p. sotto pena di nullità dell'accertamento.

Se, quindi, in tal caso l'indagato non è stato avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore, l'accertamento del reato mediante prelievo è da ritenersi nullo ex art. 178 lett. c) c.p.p. Lo stesso Ministero dell'Interno a chiare lettere nella circolare n. 300/A/1/42175/109/42 del 29.12.2005 così dispone:

“Si ritiene inoltre che gli esami previsti dai commi 4 e 5 dell'art. 186 C.d.s.(accertamento con etilometro, esami clinici presso le strutture sanitarie) per controllare il tasso di alcool nel sangue, debbano ricondursi agli atti di polizia giudiziaria urgenti ed indifferibili previsti dall'art. 354, comma 3, c.p.p. ... Per tali atti, la vigente normativa (art. 114 disp. Att. c.p.p.) impone di informare la persona della possibilità di avvalersi dell'assistenza di un difensore, il quale ha facoltà di presenziare alle operazioni senza, peraltro, avere diritto di essere preventivamente avvisato (art. 356 c.p.p)”.

Infine, le ultime considerazioni concernono il profilo sanzionatorio del reato in questione. Si va da 1.500 a 6.000 euro di ammenda e da sei mesi ad un anno di reclusione che raddoppiano se si provoca un incidente stradale. La sospensione della patente va da uno a due anni che raddoppiano se il veicolo appartiene a persona estranea al reato e che diventa revoca se si provoca un sinistro stradale. In caso di valida contestazione della violazione (quindi se non vi è “via di scampo”) suggerisco di chiedere al Giudice di effettuare i lavori di pubblica utilità (per un minimo di 3 mesi per due ore al giorno) al fine di convertire la pena detentiva e/o pecuniaria, di non usare la sospensione condizionale, di dimezzare il periodo di sospensione della patente di guida, di estinguere il reato ed, infine, di ottenere la revoca della confisca dell'autovettura (di cui altrimenti si perde la proprietà). Rappresento che in caso di sinistro stradale (anche se non coinvolge altri veicoli o persone) non sarà possibile effettuare i lavori di pubblica utilità con le pesanti conseguenze che ciò comporta (revoca della patente per tre anni, confisca definitiva del veicolo se di proprietà, raddoppio della pena). Per valutare la più adeguata strategia difensiva consiglio quindi di rivolgervi ad un avvocato penalista che tratti questa materia.

Avv. Marco Furlan

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